Premessa

Definire in modo appropriato l’attività di Arturo Issel è un’operazione assai complicata. La qualifica di “scienziato” – la più spontanea ed immediata – può rivelarsi, infatti, tanto gratificante quanto riduttiva: gratificante perché nessuno meglio di lui ha contribuito, in una fase storica decisiva come quella tra il XIX secolo e i primi decenni del Novecento, allo sviluppo della scienza naturalistica locale, diventando il prototipo del ricercatore e dello studioso a tutto tondo del territorio e dell’ambiente liguri; riduttiva perché così facendo ne risulta sminuita quella lunga serie di competenze formatasi dall’unione di un rigoroso metodo scientifico con uno spirito eclettico e scrupoloso. Competenze che spaziavano dalla geologia, che forse è stato il suo maggiore campo d’azione, all’ambito strettamente mineralogico, dagli studi geo-morfologici alla paleontologia1, dalla fisica all’archeologia, dall’analisi antropologica alla zoologia. Competenze che, tuttavia, non gli impedirono di dedicarsi agli interessi botanici o di formulare, durante alcune ricerche nel Finalese, importanti considerazioni di carattere sismologico (che saranno fondamentali per la scoperta dei cosiddetti bradisismi) e di notevole rilievo etnografico (si pensi anche solo alle accurate ricostruzioni storiche effettuate sulla base dei numerosi reperti esaminati nelle principali grotte preistoriche regionali).